La life coach Lucia Di Palermo ci spiega qual è la strategia migliore per raggiungere un obiettivo che ci siamo prefissati. La strategia è un insieme di azioni e decisioni pianificate a monte, importanti per creare una routine e darci delle certezze.
La Dott.ssa Lucia Di Palermo, life coach, ci spiega come approcciarsi al cambiamento della nostra vita di fronte al dolore cronico. È importante dare significato a quello che ci sta accadendo e trasformarlo in qualcosa che migliori la nostra qualità di vita e soprattutto il nostro tempo.
Capire come funziona la percezione del dolore e la sua percezione nella forma cronica è molto importante per cercare di non limitare la propria vita. La dott. Maura Levi, psicologa clinica, in questo video ci spiega con parole semplici questo complicato meccanismo e come sia importante chiedere aiuto per preservare la propria qualità di vita.
Il dolore cronico incide negativamente sul tono dell’umore e può generare importanti stati d’ansia. Ma, a loro volta, queste alterazioni emotive possono aggravare la percezione del dolore. Nel video la dott. Maura Levi ci spiega perché questo si verifica e come affrontare le relative problematiche.
Il dolore cronico è totalizzante e ci fa perdere la voglia di fare e la fiducia nelle nostre capacità. Scegliere un obiettivo da raggiungere ci aiuta a ritrovarla e a restare in contatto con noi stessi.
Ma, come si sceglie un obiettivo? Bisogna innanzitutto guardarsi dentro, ascoltare le emozioni e scegliere qualcosa che ci faccia stare bene e che sia sorretto da una forte motivazione. L’obiettivo deve essere formulato in maniera chiara, precisa e con termini positivi. Inoltre, deve essere specifico, misurabile e raggiungibile in un determinato lasso di tempo.
Una volta individuato l’obiettivo, si devono pianificare le strategie per raggiungerlo e bisogna farlo in modo che siano efficaci per noi e per il nostro modo di vivere il dolore. Si possono, ad esempio, prefissare dei mini-traguardi da conquistare quotidianamente che, concatenati l’uno all’altro, costituiranno gli step che ci porteranno all’obiettivo finale.
Perché tutti questi passaggi sono fondamentali? Perché obiettivi non raggiungibili o non adatti a noi, ci fanno perdere la concentrazione, ci tolgono energie e autostima e non ci aiutano a convivere in maniera adeguata col nostro dolore.
L’unico modo per restare concentrati senza farsi travolgere e dominare dalle emozioni negative è quello di imparare a conoscerci, scegliendo di volta in volta traguardi adatti a noi e alla nostra vita. Ci sono tanti modi per iniziare a comprendere fino in fondo chi siamo e come funzioniamo.
Uno dei più semplici, e alla portata di tutti, è sicuramente la lettura. Chi non sa da dove partire, può, ad esempio, iniziare con la trilogia dei libri di Krishnananda (è lo pseudonimo dello psichiatra americano Thomas Trobe). “A tu per tu con la paura”, “Uscire dalla paura” e “Fiducia e sfiducia” sono tre testi che, partendo dall’esperienza personale dell’autore, aiutano a entrare in contatto con sé stessi e a liberarsi dal dominio delle paure che ci impediscono di vivere a pieno la nostra vita.
BIBLIOGRAFIA
- Krishnananda, Amana: Fiducia e sfiducia, imparare dalle delusioni della vita; Milano, Feltrinelli Editore; ed 2021
- Krishnananda, Amana: A tu per tu con la paura, vincere le proprie paure per imparare ad amare; Milano, Feltrinelli Editore; ed agosto 2021
- Krishnananda, Amana: Uscire dalla paura, osservare il bambino emozionale dentro di noi e interrompere l’identificazione; Milano, Feltrinelli Editore; ed luglio 2020
Il dolore cronico stravolge il nostro modo di vivere. Possiamo subirlo, giudicandolo e cercando di accettare ciò che ci accade, oppure possiamo usare il potere che abbiamo sul nostro tempo e sulla nostra vita, per dare un nuovo significato a quello che siamo e a quello che facciamo.
Il dolore non è buono o cattivo. Semplicemente c’è. È vero, ha trasformato il nostro modo di vivere la quotidianità e ha cambiato il modo in cui gestiamo il tempo delle nostre giornate. E, a volte, ci fa provare la spiacevole sensazione di non avere più il controllo sulla nostra vita. Ma è anche vero che siamo noi ad avere il potere di dare un senso alle cose e al nostro tempo.
La differenza tra subire il dolore e scegliere come gestire ciò che ci accade, si trova tutta in un unico principio che dobbiamo sempre ricordare: non è quello che ci capita a definire chi siamo, ma siamo noi ad attribuire significato e valore alle cose. Vivere una situazione di dolore permanente non è semplice ma non rappresentare la fine di ciò che siamo. Perché? Perché la nostra vita è cambiata e il tempo delle nostre giornate è scandito da questo cambiamento. Se impariamo a riconoscere che il tempo è un assegno in bianco che ci viene consegnato la mattina e scade la sera, e se teniamo ben presente che siamo noi che gli attribuiamo qualità, allora possiamo riprendercelo e possiamo attribuirgli un nuovo valore. All’interno di questo tempo possiamo decidere di ritagliarci uno spazio tutto nostro, compatibile col nostro modo di convivere con il dolore, per realizzare un piccolo o un grande progetto che ci aiuti a riprenderci il controllo sulla nostra vita e che ci restituisca il potere di decidere come viverla.
BIBLIOGRAFIA
- Giorgio Nardone, Problem solving strategico in tasca. L’arte di trovare soluzioni a problemi irrisolvibili; ed Feltrinelli; ed 2009
- Matteo Motterlini, Trappole mentali; Ed Rizzoli; ed 2008
- Daniel Goleman, Intelligenza Emotiva, cos’è e perché può renderci felici; ed: Rizzoli; ed 1995
Il dolore cronico può portarci a perdere il contatto con noi stessi e può privarci della nostra autostima. Un obiettivo che abbia un senso, che sia sorretto da una buona motivazione, e che sia raggiungibile, ci aiuta a ritrovare la fiducia in noi stessi e in ciò che siamo. Perché? Perché quando fissiamo un obiettivo da raggiungere, che ci piace e che ci appartiene, diventiamo più tenaci e determinati, ricominciamo a credere in noi stessi e usiamo le nostre energie e la nostra creatività per raggiungere il nostro scopo e per superare le difficoltà che incontriamo sul nostro cammino. Se un obiettivo ci appartiene davvero, per raggiungerlo, diventiamo automaticamente predisposti a concentrarci, a pianificare e a eseguire compiti e strategie entro un termine che abbiamo prefissato e prestabilito.
Il tempo è la variabile che distingue gli obiettivi a breve termine, da quelli a medio e lungo termine. Quelli a breve termine, in particolare, sono dei mini-traguardi che possiamo raggiungere quotidianamente e che, step by step, ci permetteranno di riacquistare fiducia in noi e nelle nostre capacità. Ogni volta che conquistiamo un risultato dobbiamo sempre celebrarlo e dargli il giusto riconoscimento. Ma, soprattutto, dobbiamo ringraziare noi stessi perché ce l’abbiamo fatta.
Quando scegliamo i nostri obiettivi dobbiamo prestare molta attenzione alle sensazioni che ci provocano. Dobbiamo imparare a leggere le nostre emozioni, soprattutto quelle connesse al dolore, a riconoscerle, a dare loro un nome e a interagire con loro. Perché? Perché se le conosciamo non saranno più loro a dominarci ma saremo noi a riconoscerle e a farle diventare funzionali per il raggiungimento dei nostri scopi.
Darci un obiettivo è un’azione che compiamo sul piano del fare ma che si ripercuote sul piano dell’essere. Nel momento in cui ci crediamo e siamo motivati nel raggiungerlo, riusciamo a recuperare la nostra autostima e la fiducia nelle nostre capacità.
BIBLIOGRAFIA
- Susan David; Agilità emotiva; non restare bloccato, accogli il cambiamento, Firenze; Giunti Editore; ed 2016.
- Daniel Kaneman, Pensieri lenti pensieri veloci; Cles (TN) ; Arnoldo Mondadori Editore; ed 2013
- Patrice Ras, L’arte di ascoltare; Lavis (TN), ed: il punto d’incontro, ed 2016
In una situazione di dolore cronico, un progetto può restituirci il potere di gestire la nostra vita e il nostro tempo.
Ma che cos’è, concretamente, un progetto? È un insieme di obiettivi da raggiungere. È qualcosa che ci appartiene nel profondo, che nasce da un nostro impulso interiore e non è imposto o scelto da qualcun altro. Ma, soprattutto, è qualcosa che unisce testa e cuore. La testa rappresenta l’attenzione, la concentrazione, il focus su un obiettivo. Il cuore, invece, rappresenta la passione, il desiderio, la voglia di costruire e di immergerci in ciò che ci fa stare bene. Dobbiamo imparare ad ascoltarci con attenzione e dobbiamo dedicarci solo ai progetti che fanno emergere quello che ci appassiona nel profondo e che accende la nostra vitalità.
Come devono essere i nostri progetti? Grandi, piccoli, lunghi, corti, leggeri, impegnativi… Non importa. L’importante è che ci facciano provare gioia e serenità e che ci aiutino a riappropriaci del nostro tempo e della nostra vita. Ci sono persone che amano la lettura e che, attraverso romanzi e racconti, viaggiano e tengono viva la loro fantasia. Leggere una saga composta da una serie di libri, per esempio, è un progetto e può essere costruito passo per passo. Possiamo andare in libreria o collegarci a uno store online per scegliere un titolo che ci crei curiosità e interesse. E quando l’abbiamo trovato decidiamo se acquistare tutti i libri contemporaneamente oppure uno alla volta, e poi stabiliamo come e quando leggerli. C’è chi preferisce leggerle la sera, chi il pomeriggio e chi di notte. C’è chi si pone come obiettivo dieci pagine al giorno, chi un capitolo, chi lo decide in basa alla narrazione. L’importante è ritagliarsi nella quotidianità uno spazio e un tempo da dedicare alla lettura.
Un progetto piccolo come leggere una saga può sembrare banale, ma in realtà è un ottimo primo passo per cominciare a dare valore al nostro tempo e alla nostra quotidianità.
BIBLIOGRAFIA
- Abraham H. Maslow; Motivazione e Personalità; Armando Editore; ed 2010
- Fabrizio Di Donna; Manuale clinico di Mind Fulness; Franco Angeli Editore; ed 2012
- Josephine Klein; il nostro bisogno degli altri; Armando Editore; ed 1987
L’articolazione della spalla è fra le più complesse e fra le più mobili del corpo. È anche quella che si muove maggiormente durante lo svolgimento delle attività quotidiane ed è questo il motivo per cui la spalla va incontro facilmente a usura e dolore. Le cause più frequenti in grado di determinare problemi sono sollecitazioni eccessive dovute a lavori impegnativi o ripetitivi, anche se di scarso impegno muscolare, come anche traumi o posture scorrette.
Tutti i componenti (ossa, cartilagini, legamenti, muscoli, tendini) possono essere responsabili nel determinare il quadro di “spalla dolorosa” che consiste appunto in un dolore che inizialmente compare al movimento e che pertanto, come risposta di difesa, viene evitato; la successiva e progressiva perdita della mobilità può provocare rigidità della spalla, contratture muscolari e postura errata. Il dolore inizialmente è ben localizzato, ma in seguito può irradiarsi al braccio, alla regione scapolare o alla base del collo.
La spalla può anche essere sede di dolore cosiddetto “riflesso” per sofferenza della colonna vertebrale a livello cervicale, come ad esempio nel caso dell’ernia discale cervicale che provoca la compressione delle radici nervose; questo tipo di dolore spesso è presente anche a riposo e si accompagna a debolezza del braccio e formicolii alla mano.
Altre strutture anatomiche che possono provocare dolore alla spalla sono i muscoli (trapezio, gran dorsale e gran pettorale) per una contrattura, un trauma o dopo un periodo prolungato di immobilità (ad esempio dopo utilizzo di un reggibraccio o di un apparecchio gessato o di bendaggi costrittivi, come avviene per le fratture o le lussazioni dell’arto superiore).
In caso di dolore alla spalla, gli esami che conducono alla diagnosi sono l’ecografia e la radiografia, utili per documentare lo stato di alterazione dei componenti dell’articolazione. L’esame più accurato resta la risonanza magnetica che definisce nel particolare l’entità delle degenerazioni.
I trattamenti sono:
-farmacologici: i comuni antidolorifici somministrabili per bocca o intramuscolo, i cortisonici e l’acido ialuronico somministrabili localmente per via infiltrativa;
-terapie fisiche quali laserterapia, tecarterapia, ultrasuoni, per migliorare la condizione infiammatoria locale, la sintomatologia dolorosa e le contratture muscolari e le onde d’urto in caso di calcificazioni dei tendini;
-rieducazione motoria per recuperare le libertà articolari, migliorare/mantenere il tono muscolare, assumere posture corrette e soprattutto liberarsi dagli schemi di movimento patologici.
-trattamento chirurgico, che può essere svolto anche in artroscopia, ma che è da riservare a casi di lesioni o degenerazioni gravi che non possono trarre beneficio dai trattamenti conservativi.
BIBLIOGRAFIA
- Brotzman SB., Wilk KE. La riabilitazione in ortopedia Cap 3, Elsevier 2004
- DeLisa JA. Rehabilitation Medicine, Lippincot Raven. 1998; 435-437
- Zati A., Valenti A. Terapia fisica. Nuove tecnologie in medicina riabilitativa, Minerva Medica. 2017
Il dolore dopo l’intervento di protesi d’anca si riduce solitamente nell’arco di qualche settimana. Il persistere di questa sintomatologia deve innanzitutto escludere problematiche di ordine chirurgico come una lussazione, una mobilizzazione o un’infezione della protesi e la visita ortopedica con gli accertamenti radiologici e gli esami ematici possono documentare con sicurezza queste evenienze.
Altre cause di dolore possono essere:
–la trocanterite: è dovuta alla sofferenza delle inserzioni tendinee della muscolatura dei glutei sul gran trocantere (cioè la parte superiore laterale esterna del femore) e provoca dolore alla regione laterale dell’anca. Spesso il dolore si irradia lungo la coscia, peggiora alla pressione e alla palpazione e durante il raggiungimento della stazione eretta da seduti. Può avvenire per una sofferenza tendinea già esistente in precedenza (ad es. artrosi dell’anca con debolezza della muscolatura glutea) o per un intervento riabilitativo insufficiente. La terapia farmacologica con i comuni analgesici-antiinfiammatori può essere accompagnata da terapie fisiche (sono indicate la tecarterapia e la laserterapia), ma solo dopo consenso dell’ortopedico che garantisca la compatibilità della protesi con questi trattamenti. Il ciclo riabilitativo è indicato per migliorare il il tono e il trofismo muscolare, per ridurre le contratture muscolari e per insegnare al paziente a compiere correttamente i cambiamenti di posizione, come alzarsi-sedersi, ad adottare sedute idonee, preferibilmente alte e rigide, e valutare l’utilità di un bastone durante il cammino per ridurre le sollecitazioni all’anca sofferente;
–dolore all’anca durante il cammino nella fase di appoggio del piede: la differente lunghezza degli arti inferiori che sovente si presenta dopo un impianto di protesi d’anca va valutata accuratamente. Bisogna individuare eventuali patologie concomitanti, ad esempio la presenza di scoliosi con slivellamento del bacino, eventuali contratture muscolari dei muscoli flessori della coscia, una incompleta estensione del ginocchio, lo scorretto appoggio del piede. Una volta definita la causa, la riabilitazione è, nella maggioranza dei casi, la soluzione ideale; qualora la differenza di lunghezza degli arti fosse superiore a un centimetro, sarebbe indicato anche un rialzo per pareggiare la diversità;
–cicatrice chirurgica: si tratta di tensione talvolta anche dolorosa, ma comunque costante e spiacevole, che compare al movimento ed è dovuta all’aderenza della parte profonda della cicatrice ai tessuti sottostanti. Il tessuto cicatriziale sottocutaneo è caratterizzato dall’essere disordinato, duro e poco elastico. Può inglobare o comprimere terminazioni nervose e giungere anche alla fascia muscolare sottostante e ai relativi muscoli, non consentendone il corretto scorrimento. Pertanto, durante il trattamento riabilitativo, deve essere contemplata la cura precoce della cicatrice chirurgica con manovre manuali che le consentano lo svincolamento dai tessuti sottostanti. Unica accortezza è che sia completa la guarigione della cicatrice e che non ci siano segni sospetti di infiammazione o infezione. La cicatrice chirurgica merita sempre di essere curata indipendentemente dalla sua età, l’unica controindicazione è il dolore alla manipolazione.
BIBLIOGRAFIA
- Brotzman SB., Wilk KE. La riabilitazione in ortopedia Cap 6, Elsevier 2004
- DeLisa JA. Rehabilitation Medicine, Lippincot Raven. 1998; 1677-1694
- Paoletti S. Le fasce. Il ruolo dei tessuti nella meccanica umana 51-54, ESOMM 2003