Dott.ssa Lucia Muraca
Referente AISD – Associazione Italiana Studio Dolore – CALABRIA
Referente terapia del dolore e cure palliative SIMG – Società Italiana Medicina Generale – CALABRIA
Componente Del Gruppo Di Studio Nazionale Della SIMG Area Fragilità
Componente Commissione Di Medicina Di Genere Ordine Dei Medici Di Catanzaro
Ogni giorno, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, sono milioni le donne che soffrono di dolore cronico (1).
Chiunque può essere affetto da dolore, acuto o cronico, senza distinzione di età, sesso, razza, livello economico (2): potremmo definire il dolore come un problema di salute globale. Il dolore, in particolare quello cronico, presenta differenze significative tra i due sessi dal punto di vista epidemiologico, rispetto alle risposte ai trattamenti, all’uso dei farmaci analgesici ed al potenziale aumento del rischio degli effetti collaterali indesiderati (3). Numerosi studi fanno emergere come il dolore continui a essere un problema di salute pubblica a tutt’oggi non adeguatamente valutato e sotto trattato, anche in relazione al sesso del paziente e ad altre variabili, quali razza, etnia, età (3). Per questo la medicina di genere ormai è diventata una sfida del Servizio Sanitario Nazionale ed un imperativo clinico per gli operatori del settore. L’importanza di un approccio di genere è diventata una esigenza per il clinico, un cambio culturale e di prospettiva che renda la valutazione delle variabili biologiche, ambientali e sociali (dalle quali possono dipendere le differenze dello stato di salute tra i due sessi) una pratica ordinaria. L’obiettivo è di migliorare l’appropriatezza degli interventi di prevenzione e di cura, e di contribuire a rafforzare la “centralità del paziente” e la “personalizzazione della terapia”, intervenendo soprattutto in quelle zone d’ombra tanto nell’uomo quanto nella donna.
I termini L’obiettivo è e genere non sono sinonimi né tantomeno intercambiabili. Il sesso esprime l’identità biologica oggettiva di una persona, legata alla presenza delle differenze cromosomiche che produce diversificazioni a livello sia cellulare che molecolare (anatomiche, fisiologiche, biologiche e ormonali), permettendo una classificazione dell’individuo in MASCHIO o FEMMINA. Il genere è un concetto SOCIALE definito da aspetti ambientali, culturali, sociali e comportamentali che una società considera specifici per l’uomo e per la donna. Lo stato di salute e di malattia di un soggetto può essere influenzato da entrambi (4,5).
Quali forme di dolore cronico colpiscono maggiormente le donne?
Fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile (IBS), cefalea, artrite reumatoide e osteoartrite sono alcune delle condizioni dolorose caratterizzate da una maggiore prevalenza femminile (1).
Circa l’80-90% delle persone che ricevono una diagnosi di fibromialgia sono donne (1).
Perché ad esserne più colpite sono le donne?
Sorge spontaneo chiedersi il motivo e non è semplice rispondere considerando gli svariati fattori da prendere in esame (6).
Prima di tutto, differenze genetiche, anatomiche e ormonali differenziano i meccanismi biologici del dolore nel corso della vita degli uomini e delle donne (6). Anche dal punto di vista psicologico e sociale, le differenze sono rilevanti (6). Basti pensare al ruolo di ansia e depressione nella percezione del dolore, condizioni per cui il sesso femminile è molto più vulnerabile; alle diverse risposte che uomini e donne tendono a dare in condizioni di stress (quelle che scientificamente vengono chiamate strategie di coping); al diverso ruolo che la società assegna a ogni individuo proprio sulla base del proprio sesso biologico (6,7).
Inoltre, uno studio pubblicato sul Journal of Pain ha dimostrato come il dolore femminile non venga preso seriamente tanto quanto quello maschile (8). Infatti, a parità di dolore, quello femminile tende ad essere percepito come meno intenso (8).
In letteratura, innumerevoli ricercatori hanno studiato e descritto le differenze biologiche e psicologiche tra i due sessi. L’influenza ormonale delle gonadi sulle differenze sessuali è di grande interesse e supportata da diversi studi; alcuni di questi descrivono un ruolo possibile legato alla differenza ormonale tra i due sessi. Gli estro-progestinici e gli androgeni possono modulare il sistema nervoso relativamente al dolore ed all’analgesia (9,10,11). Il quadro che emerge suggerisce che le basi biologiche di queste differenze nella percezione del dolore risiedono nella regolamentazione dell’attività degli estrogeni e del progesterone sul Sistema Nervoso Centrale e nella risposta comportamentale per gli stimoli infiammatori persistenti nel dolore cronico. Una revisione della letteratura mostra che la tolleranza, la sensitività e la soglia del dolore nelle donne è variabile in base al ciclo mestruale (12,13). In un articolo di Amber Dance, pubblicato su Nature sono stati riportati vari studi sul dolore, condotti sugli animali, che hanno raccolto prove sempre più convincenti che le vie nervose del dolore sono diverse tra maschi e femmine e coinvolgono, tra l’altro, ormoni e cellule immunitarie (14). Questo assunto rende ragione del fatto che le malattie infiammatorie e autoimmuni raddoppiano o addirittura triplicano nel sesso femminile, per l’effetto degli ormoni sessuali sulle cellule che regolano le difese immunitarie. In particolare, la fluttuazione degli estrogeni, nel corso del ciclo mestruale, stimola la liberazione di sostanze infiammatorie nei tessuti, con aumento dell’infiammazione e del dolore ad essa correlato. Quanto più la sofferenza persiste, tanto più aumentano i cambiamenti nel Sistema Nervoso Centrale, per cui il dolore si fa sempre più autonomo rispetto all’infiammazione e diventa dolore-malattia. Le differenze tra i sessi sono correlate ai neurotrasmettitori e ai loro recettori, come quelli dell’adenosina, dei cannabinoidi mimetici (15), all’espressione delle citochine (16), i canali del K+ (ione potassio) e molti altri. Interessanti studi descrivono un importante ruolo delle cellule gliali del midollo spinale, le quali sarebbero intrinsecamente coinvolte nelle vie di segnalazione cellula-cellula che producono dolore cronico (17). Si è arrivati ad ipotizzare che degli effetti genetici diretti sono possibili. Il dolore, infatti, potrebbe essere influenzato dai geni presenti sul cromosoma Y, da inattivazione dei geni X-linked, impressi nelle forme alleliche (18). Inoltre, sono state trovate differenze tra i sessi all’interno del citocromo P450, famiglia di enzimi coinvolti nel metabolismo sia dei farmaci, sia delle sostanze endogene (19). Innumerevoli studi in laboratorio su donne e uomini sani sono stati condotti per valutare le differenze legate al sesso relativamente alla percezione del dolore, ma nessuna conclusione coerente può essere fatta in quanto, sebbene il fenomeno venga descritto rispetto alle differenze tra i due sessi circa la sensibilità al dolore, non sono ancora ben chiari quali siano i meccanismi in grado di spiegare queste differenze in ambito clinico (20). Per quanto riguarda alcuni studi realizzati mettendo in rapporto dolore e identità di genere, è emerso che gli uomini che si identificavano col genere maschile avevano una maggiore tolleranza allo stimolo doloroso rispetto a quelli che si identificavano col genere femminile. Non vi erano differenze tra bassa identificazione di genere tra uomini e donne (21). Oltre alla variabile sesso, si può considerare interessante il ruolo sociale del genere, che potrebbe spiegare i motivi per cui sussistano differenze tra maschi e femmine nel rapporto tra stato d’animo/umore e relativa disabilità nel dolore. Nelle femmine, infatti, vi è una maggiore convinzione che esiste un legame fra sintomi di depressione e dolore e generalmente non sono accettati nella stessa maniera dal sesso maschile. Tale differenza di ruoli di genere può anche avere un impatto sulla condotta degli operatori sanitari circa il trattamento fornito ai due sessi, con una maggiore disponibilità a prescrivere farmaci antidepressivi alle donne, rafforzando così il legame tra depressione e dolore nel sesso femminile (22). Dal punto di vista epidemiologico, è interessante notare come la differenza sociale dell’uomo e della donna può influenzare la percezione del dolore tra i due sessi, in particolare quando il ruolo sociale ed occupazionale sono diversi e possono influenzare non solo la percezione, ma anche il mantenimento di una sintomatologia dolorosa (23,24).
Una differenza che merita di essere riconosciuta
Gli uomini e le donne sono diversi, si sa, ma ad oggi non esistono opzioni terapeutiche per la gestione del dolore cronico sviluppate specificamente per le donne o per gli uomini (25). Questa differenza merita di essere approfondita e valorizzata, per indagare analogie e differenze in termini di meccanismo, percezione e gestione del dolore evitando così che il dolore venga gestito in modo non corretto o in ritardo (2).
La community di Dimensione Sollievo e l’impegno di Grünenthal
Il rapporto della donna con il dolore cronico è ben rappresentato nella nostra community che, oltre a vantare una netta prevalenza femminile (più dell’80%), rivela alcune criticità relative alla gestione di questa condizione. In una società moderna, che cerca di mettere allo stesso livello i due sessi in diversi ambiti come nel mondo del lavoro, nella tutela dei diritti e nella vita sociale delle persone, le differenze sessuali e di genere sono elementi che caratterizzano le persone e che definiscono sfere di diversità sia di espressione biologica (sesso), sia di riconoscimento sociale (genere). Tali aspetti non possono essere sottovalutati da coloro che si offrono professionalmente a tutela e garanzia del diritto alla salute. Sesso e genere sono elementi che rientrano nell’assistenza globale alla persona, in cui aspetti biologici, vissuto personale e percezione del sé, possono notevolmente cambiare l’orientamento sia valutativo del dolore sia dei suoi trattamenti e dove la standardizzazione degli approcci terapeutici non può essere l’unica soluzione terapeutica. In questa visione, il rispetto della diversità biologica e di genere possono costituire un nuovo modello orientato ad ogni singolo cittadino.
C’è ancora molto da fare e, proprio per questo, Grünenthal si impegna nel quotidiano ponendo il sollievo come obiettivo della sua ricerca.
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- D’Arcy Y. Chronic pain management. An evidence-based approach for nurses. Springer Publishing Company; 2011.
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- https://www.epicentro.iss.it/mentale/donne_Oms
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