Le sfide imposte dalla pandemia
La pandemia dettata dal COVID-19 ha indubbiamente cambiato le nostre vite. 1
Anche la medicina ha dovuto cambiare il suo approccio. 1
All’inizio, quando ancora questo virus era poco conosciuto, non esistevano approcci terapeutici standardizzati
che potessero guidare la pratica clinica dei medici. 1 Per questo, il personale e le risorse sanitarie sono state concentrate nella prevenzione della diffusione del COVID-19, il che ha rappresentato una sfida per i soggetti affetti da malattie croniche, la cui continuità di cura è stata significativamente condizionata. 2
Le sfide imposte dalla pandemia: il trattamento farmacologico
È imperativo che i pazienti con dolore cronico ricevano un trattamento analgesico secondo le loro specifiche esigenze. 1 I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono tra i trattamenti analgesici più comunemente utilizzati (sia pure nei limiti temporali di appropriatezza della duratadel trattamento con questi farmaci). 1
È importante sottolineare che i FANS possono mascherare i sintomi precoci del COVID-19 (febbre, dolori muscolari) e quindi possono potenzialmente portare a una diagnosi tardiva della malattia. 1 Nell’attuale strategia
di trattamento del dolore cronico vanno, inoltre, considerati anche gli oppioidi, che mantengono un ruolo importante nell’attuale strategia di trattamento del dolore, anche se alcuni di essi possono causare immunosoppressione. 1 Inoltre, alcuni oppioidi possono causare interazioni farmacologiche, ad esempio
con gli antivirali, essendo metabolizzati dagli stessi enzimi. 1
Questo non significa dover necessariamente sospendere la terapia, ma è importante essere consapevoli
che qualsiasi modifica alla programmazione e prescrizione deve avvenire solo dopo un’attenta valutazione
da parte del medico e richiede la partecipazione attiva del paziente per raggiungere il livello di cura ottimale. 1
Le sfide imposte dalla pandemia: la telemedicina
È noto come il dolore cronico venga riportato con maggiore frequenza da persone anziane e fragili (che vivono
una condizione in cui coesistono varie patologie, spesso croniche, che richiedono l’uso contemporaneo di diverse terapie farmacologiche, insieme a disabilità e a problematiche sociali) 3 che proprio per tali caratteristiche vanno incontro anche a un maggior rischio di sviluppare una grave infezione da COVID-19. 1
Siccome si rende indispensabile il monitoraggio continuo per la corretta gestione del dolore cronico, in un momento come questo, nasce la necessità di proteggere queste persone dal rischio di infettarsi. 1 Per farlo,
la telemedicina si è rivelata un utile strumento nella riorganizzazione della gestione del dolore cronico:
permette di ridurre al minimo le visite in ospedale, quando non strettamente necessarie e quando
non si riscontrano barriere tecnologiche, che potrebbero inficiare la attuazione di questa modalità alternativa. 1
In ogni caso, al di là della modalità, resta fondamentale una corretta comunicazione tra il medico e il paziente. 1
Il dolore: un sintomo del COVID-19
L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha definito la sindrome post-COVID-19, una conseguenza
del COVID-19. 4
Si presenta tre mesi dopo l’esordio sintomatico dell’infezione, può durare per almeno due mesi e non può essere spiegata con un’altra diagnosi. 4
Si stima che circa il 10% delle persone che sono state infettate dal virus l’hanno sviluppata, avvertendo stanchezza, fiato corto, alterazioni delle funzionalità cognitive e, in generale, hanno riportato un sensibile impatto sulla vita quotidiana. 4
Il dolore è stato definito come un ulteriore sintomo causato da tale sindrome, che può presentarsi in forma localizzata, per lo più a livello di testa, petto, schiena e arti, oppure in forma migrante. 4
Sembrerebbe che alcune persone, pur non presentando patologie prima dell’infezione, abbiano sviluppato sintomi dolorosi a seguito di quest’ultima, seppure in forma moderata. 4
Così come sembrerebbe maggiore la frequenza di dolore diffuso e fibromialgia in chi soffriva di altre patologie prima dell’infezione. 4
Ma quale potrebbe essere il nesso che lega il COVID-19 e il dolore cronico?
Il dolore cronico: 5
- potrebbe rappresentare un sintomo della sindrome post-COVID-19 o il risultato di un danno d’organo generato proprio durante l’infezione
- potrebbe essere la conseguenza del peggioramento di una condizione di dolore cronico preesistente
- potrebbe essere causato non dall’infezione in sé, ma dalle condizioni di vita imposte dalla pandemia che hanno esacerbato alcuni fattori di rischio (ridotta qualità del sonno, inattività, paura, ansia, depressione)
Il dolore cronico può essere innescato da fattori stressanti di natura psicosociale, oltre che biologici, prediligendo quelle persone che hanno maggiori difficoltà a gestire e reagire allo stress. 5
Questo spiega perché la pandemia ha in sé il potenziale di aumentare l’incidenza del dolore cronico, non solo
in chi si ammala in prima persona, ma anche nell’intera comunità che deve fare i conti con gli effetti economici, psicologici e sociali. 5
Nell’ipotesi di una reale correlazione tra sindrome post-COVID-19 e dolore, occorre prestare attenzione
alla gestione del dolore nei soggetti fragili per evitare di sottovalutare un possibile fattore di rischio
di cronicizzazione. 4
- Marinangeli F, Giarratano A, Petrini F. Chronic pain and COVID-19: pathophysiological, clinical and organizational issues. Minerva Anestesiol. 2021;87(7):828-832.
- Natoli S, et al. Should we be concerned when COVID-19-positive patients take opioids to control their pain? Insights from a pharmacological point of view. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2021;25(14):4854-4867.
- https://www.fsm.it/il-paziente-fragile/
- Bileviciute-Ljungar I, Norrefalk JR, Borg K. Pain Burden in Post-COVID-19 Syndrome following Mild COVID-19 Infection. J Clin Med. 2022;11(3):771.
- Clauw DJ, Häuser W, Cohen SP, Fitzcharles MA. Considering the potential for an increase in chronic pain after the COVID-19 pandemic. Pain. 2020;161(8):1694-1697.