Il dolore dopo l’intervento di protesi d’anca si riduce solitamente nell’arco di qualche settimana. Il persistere di questa sintomatologia deve innanzitutto escludere problematiche di ordine chirurgico come una lussazione, una mobilizzazione o un’infezione della protesi e la visita ortopedica con gli accertamenti radiologici e gli esami ematici possono documentare con sicurezza queste evenienze.

Altre cause di dolore possono essere:

la trocanterite: è dovuta alla sofferenza delle inserzioni tendinee della muscolatura dei glutei sul gran trocantere (cioè la parte superiore laterale esterna del femore) e provoca dolore alla regione laterale dell’anca. Spesso il dolore si irradia lungo la coscia, peggiora alla pressione e alla palpazione e durante il raggiungimento della stazione eretta da seduti. Può avvenire per una sofferenza tendinea già esistente in precedenza (ad es. artrosi dell’anca con debolezza della muscolatura glutea) o per un intervento riabilitativo insufficiente. La terapia farmacologica con i comuni analgesici-antiinfiammatori può essere accompagnata da terapie fisiche (sono indicate la tecarterapia e la laserterapia), ma solo dopo consenso dell’ortopedico che garantisca la compatibilità della protesi con questi trattamenti. Il ciclo riabilitativo è indicato per migliorare il il tono e il trofismo muscolare, per ridurre le contratture muscolari e per insegnare al paziente a compiere correttamente i cambiamenti di posizione, come alzarsi-sedersi, ad adottare sedute idonee, preferibilmente alte e rigide, e valutare l’utilità di un bastone durante il cammino per ridurre le sollecitazioni all’anca sofferente;

dolore all’anca durante il cammino nella fase di appoggio del piede: la differente lunghezza degli arti inferiori che sovente si presenta dopo un impianto di protesi d’anca va valutata accuratamente. Bisogna individuare eventuali patologie concomitanti, ad esempio la presenza di scoliosi con slivellamento del bacino, eventuali contratture muscolari dei muscoli flessori della coscia, una incompleta estensione del ginocchio, lo scorretto appoggio del piede. Una volta definita la causa, la riabilitazione è, nella maggioranza dei casi, la soluzione ideale; qualora la differenza di lunghezza degli arti fosse superiore a un centimetro, sarebbe indicato anche un rialzo per pareggiare la diversità;

cicatrice chirurgica: si tratta di tensione talvolta anche dolorosa, ma comunque costante e spiacevole, che compare al movimento ed è dovuta all’aderenza della parte profonda della cicatrice ai tessuti sottostanti. Il tessuto cicatriziale sottocutaneo è caratterizzato dall’essere disordinato, duro e poco elastico. Può inglobare o comprimere terminazioni nervose e giungere anche alla fascia muscolare sottostante e ai relativi muscoli, non consentendone il corretto scorrimento. Pertanto, durante il trattamento riabilitativo, deve essere contemplata la cura precoce della cicatrice chirurgica con manovre manuali che le consentano lo svincolamento dai tessuti sottostanti. Unica accortezza è che sia completa la guarigione della cicatrice e che non ci siano segni sospetti di infiammazione o infezione. La cicatrice chirurgica merita sempre di essere curata indipendentemente dalla sua età, l’unica controindicazione è il dolore alla manipolazione.

 

BIBLIOGRAFIA

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  • DeLisa JA. Rehabilitation Medicine, Lippincot Raven. 1998; 1677-1694
  • Paoletti S. Le fasce. Il ruolo dei tessuti nella meccanica umana 51-54, ESOMM 2003